EVELINA VIEN DAL MARE – Elisabetta Aloia

“Evelina vien dal mare” è un viaggio alla scoperta di se stessi e della propria unicità. Un racconto, una sorta di fiaba sulla presa di coscienza del proprio valore e sull’accettazione della singolarità di ciascuno di noi in una realtà che ci vuole tutti uguali, incasellati in schemi ben precisi, difficili da scardinare.

Evelina, la protagonista, si è sempre sentita sbagliata, colorata male rispetto al resto del mondo, non particolarmente bella, non come i suoi fratelli almeno. Cromaticamente ed emotivamente fuori posto, sempre. Evelina non si sente nemmeno amata dalla sua famiglia, anzi crede proprio di essere finita lì per puro caso, o per uno strano scherzo del destino. Se ne sta sempre da sola. Non sorride spesso, è grigia, con i suoi momenti d’ombra che nessuno capisce. Quegli occhi indiscreti sempre puntati addosso le provocano degli strani tremori che la rendono ancora più sola e incompresa. È vittima delle maldicenze del paese. Eppure i suoi genitori provano ad aiutarla, ma in modo maldestro: la visita del dottore prima, e un esorcismo-farsa ad opera del prete del paese poi, in cui viene quasi fatta annegare in un catino pieno d’acqua di mare.

Dopo quella disavventura Evelina decide di nascondere al mondo i suoi tremori e di provare a cambiare per mettere a tacere definitivamente le malelingue. Copre i suoi capelli da capretta con un fazzoletto colorato, allena le sue labbra a sorridere ogni notte.

Dal giorno in cui il prete le ha tenuto la testa nell’acqua, Evelina capisce di avere un particolare legame con il mare. E a poco a poco comincia la sua scoperta. Immergersi totalmente nell’acqua le dà pace e calma i suoi tremori. Così trascorre molto tempo lì sotto, dove scopre un mondo nuovo, che l’attrae a sé irresistibilmente. Nasce in lei il desiderio di prendere il largo, di iniziare una nuova vita in mare aperto circondata dalle creature marine che sembrano accettarla e amarla molto più del mondo che la circonda sulla terraferma.

Desiderio che Evelina affida alle onde tramite numerosissime barchette di carta.

Ma in un giorno di burrasca viene inghiottita da un mostruoso vortice d’aria. Il mare e tutte le sue creature accorrono in suo aiuto. La famiglia e il paese la cercano dappertutto. Senza Evelina niente è più come prima. L’intero mondo che la circonda ha perso di brillantezza, tutto appare spento e privo di colore.

Evelina viene tenuta prigioniera dal mostruoso vortice d’aria sulla cima di un monte in un isolotto in mare aperto.

 

I suoi fratelli decidono di fare quello che faceva sempre Evelina: cominciano a mettere in mare piccole barchette di carta che custodiscono un unico desiderio: il suo ritorno a casa. A loro si unisce l’intero paese. Le barchette si moltiplicano. Nel frattempo Evelina, lassù sul monte, a stretto contatto con il mostro, impara a riconoscerne i cambi d’umore, il grigiore così fitto, e piano piano instaura un rapporto con il vortice che gli racconta tutta la sua storia.

Sono molto più simili di quanto si possa immaginare. Dopo un confronto, Evelina e il mostro che dopo essersi sfogato si è trasformato in un vento gentile, decidono di tornare a casa insieme, aiutati dal mare e dalle sue creature.

I fratelli riconoscono subito Evelina, che fa il suo ritorno solcando le onde su una barchetta di carta gigante. Il viaggio si è compiuto. Evelina ha finalmente compreso l’importanza di accettarsi per quello che si è con i momenti grigi e con quelli pieni di sole, senza dover compiacere gli altri e le loro aspettative. Adesso ha tanti amici, non è più sola.

La sua famiglia e gli abitanti del paese a loro volta hanno capito che Evelina è necessaria a tutti, che lo è sempre stata e che le sue sfumature di colore insieme a quelle singolari di ogni individuo creano l’armonia dell’intera comunità. Evelina si sente finalmente amata.

“Evelina vien dal mare” è un progetto che si rivolge a tutto il pubblico, in particolare, date le tematiche dell’accettazione di sé, del bullismo, a quello dei ragazzi.

È consigliato a partire dagli 8 anni di età.


Testo e drammaturgia di Elisabetta Aloia. Progetto selezionato da Francesco Niccolini per Montagne Racconta 2022.

– Fase di scrittura drammaturgica realizzata e conclusa con il supporto del laboratorio di narrazione Montagne Racconta 2022 a cura di Francesco Niccolini e Claudio Milani.

– Primi 15 min di messa in scena presso il Festival Montagne Racconta 2022 con la collaborazione di Francesco Niccolini e Claudio Milani.

 


ELISABETTA ALOIA

Attrice pugliese, per metà siciliana, nata a New York nel 1979. Ha studiato presso il CUT di Perugia-Teatro Stabile dell’Umbria con Massimiliano Civica, Ludwig Flaszen e Roberto Ruggieri. Ha approfondito la sua formazione artistica sotto la guida di Paolo Panaro della Compagnia Diaghilev. Ha studiato con Massimo Verdastro da cui è stata diretta nel “Sogno di una notte di mezza estate” di W. Shakespeare, “SATYRICON-Un kolossal da camera” da Petronio e ne “La dodicesima notte” di W. Shakespeare. Ha seguito corsi di Claudio Morganti, Enzo Vetrano e Stefano Randisi, Francesca della Monica, Danio Manfredini, Giorgio Barberio Corsetti, Roberto Castello, Balletto Civile, Accademia degli Artefatti, Marco Martinelli, Jurij Ferrini, Damiano Nirchio, Virginio Gazzolo, Salvatore Marci, Claudio Milani. Inizia un percorso sulla scrittura attiva e sulla drammaturgia prima con Rita Frongia e poi con Luciano Colavero per proseguire con Francesco Niccolini a Montagne

Racconta 2022. Diretta da Giuseppe Sollazzo ne “Il giorno in cui ci siamo incontrati non ci siamo riconosciuti” prodotto dalla Compagnia Diaghilev. Ha lavorato con Enzo Vetrano e Stefano Randisi ne “La Città Invisibile” per i Cantieri dell’Immaginario del 2013. Ha lavorato con Fibre Parallele, Teatro di Ariele, Teatro delle Rose, Teatroinsieme, Altradanza, Teatro d’oggi. Ha lavorato come consulente con Xforming Srl di Torino, per interventi di formazione nell’ambito del Teatro d’Impresa.
Dal 2015 entra a far parte del Libero Gruppo di Studio d’Arti Sceniche LGSAS, sotto la direzione di Claudio Morganti. Dal 2009 lavora con la Compagnia Diaghilev occupandosi anche di corsi di formazione. Collabora con altre realtà del territorio pugliese come la Compagnia Acasa, Senza Piume Teatro e l’Associazione Culturale In Scena. È interprete e regista dei monologhi “Si Faceva chiamare Giovanni”, “La Ianara” tratto dall’omonimo romanzo di Licia Giaquinto, “E quello, il pesce, alla fine si è vendicato!” di cui è anche autrice.

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