Compagnia: Nunzia Antonio
Referente: Nunzia Antonio
Periodo: 4-7 ottobre 2021
Polo TRAC: Ruvo di Puglia e Manfredonia
Tipologia di residenza: Chiamata diretta
Giorni di residenza: 4

 

SEPARARSI
studio teatrale su di una ritualità perduta

Per quanto sia difficile pronunciarla e ancor più frequentarla, la Morte è stata nel tempo passato custodita
come un ospite presente, da rispettare e accogliere: parte riconosciuta della vita e momento di passaggio
meritevole di cura e attenzione, mai di sopraffazione. La medicina e la cultura di cui è espressione, hanno
teso nel tempo a trasformare la Morte in un evento straordinario da contenere il più possibile, come un
terremoto, un incidente da cui difendersi ad ogni costo. Oggi, naturalmente, le bare trasportate dai camion
militari e il rifugiarci nel perimetro più stretto delle nostre case ne hanno fatto risuonare l’aspetto più terribile
e spaventoso, ma proprio per questo, quanto già prima avevamo sentito meritasse un’indagine, ora assume
il carattere dell’urgenza e non per esaltare l’idea del sortilegio, ma per riflettere il complesso e certamente
contraddittorio senso che la Morte comporta. Rifletterla, rispettando il compito del Teatro d’essere specchio
della natura.
Il nostro studio, verso la messa in scena, già a cominciare dai linguaggi, intende indagare l’ambito facendo
prevalere la danza, la musica, la parola poetica, sulla prosa che pure qui non si disdice. Naturalmente, sono
innumerevoli le fonti etnografiche particolarmente vivaci in terra di Puglia e nostro desiderio è quello di
cogliere l’essenza della tradizione e rinnovarla. Non c’immaginiamo niente di folclorico e nemmeno un
esercizio calligrafico che ci faccia interpreti anacronistiche di un canto prefico, ma un rapporto dialettico che,
tenendoci strettamente legate alla contemporaneità, colga dalle tracce del passato indicazioni di ritmo, cioè
di senso, per l’esplorazione di un campo delicato come quello della Morte.

“Dove c’incontreremo dopo la morte, dove andremo a passeggio?” (A.M.Ripellino)

Dove? È la domanda della morte (anche se si è sempre in molti a domandare il “quando”). Qual è il dove della
morte? Lasciare depositare la notizia è un percorso lungo. Ci vuole tempo prima che lo sappiano le ossa, gli
organi, la pelle, gli strati che compongono il nostro corpo e ancora la nostra mente, tanto che ci si domanda
se il pensiero si prenda più tempo del corpo. D’altro canto gli stessi scienziati ci dicono che molto, molto resta
invisibile a noi emancipati abitanti del XXI secolo.
Cosa oggi allora possiamo chiamare lutto?
Nei mesi scorsi abbiamo affrontato questa e altre domande nella residenza artistica di Nardò, con
Terrammare Teatro, condividendole con i ragazzi di un liceo e con un gruppo di adulti. Le esperienze raccolte, insieme alle letture di testi, alla visione di film e allo studio di immagini hanno permesso di delineare una pre-
drammaturgia a partire dalla quale cominciare ad esplorare la scena. Il gesto, la danza come stilizzazione di relazioni, come partiture che raccontano senza la necessità della parola, capaci di cogliere il gioco che avviene
fra la vita e la morte, che s’intreccino come in una danza, fra pianto e riso, fra tragico e comico. Queste le
qualità che vogliamo esplorare: il dolore, i gesti del lasciar andare, dell’accompagnare chi muore si
compongono in un ritmo che contiene, che dà forma, come nel pianto rituale; allora il dolore può scorrere
senza rischiare di annientare, permette di mantenersi prossimi alla vita su quel confine estremo, dove il
grottesco può apparire come potenza vitale e dirompente.
Vorremmo anche comporre qualcosa che assomigli al fagotto preparato nel cassetto in basso, dove l’abito
migliore è pronto per il viaggio. Qualcosa che evochi quella tenera cura e sappia cogliere l’essenza della frase
di Ennio Morricone che così precisamente e laicamente segna il suo disporsi al trapasso con serena
consapevolezza, come dire: con una danza.

Il processo di ricerca e creazione si compone di molti protagonisti, tendendo ad una regia collettiva
– in scena: Nunzia Antonino, Annarita De Michele e Rossana Farinati
– custode della danza: Rosellina Goffredo (formatrice e danzatrice)
– drammaturgia del gesto: Chiara Michelini (Teatro Persona)
– foto e documentario: Rocco Casaluci (fotografo del Teatro Comunale di Bologna)
– spazio scenico: Bruno Soriato (scenografo di Kuziba Teatro)
La scrittura scenica darà forma alla drammaturgia e si avvarrà della ricerca di ognuno dei protagonisti,
intrecciando arti e competenze. L’incontro con il fotografo Rocco Casaluci, avvenuto durante la residenza
artistica di Nardò, ha fatto nascere il desiderio di seguire il processo di creazione per restituirlo in forma di
documentario.

 

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