L’ANIMA SMARRITA

 

Compagnia: Illoco Teatro
Referente: Annarita Colucci
Periodo: 13 – 23 novembre 2021
Polo TRAC: Castellana Grotte
Tipologia di residenza: Bando nuove generazioni
Giorni di residenza: 11


L’anima smarrita

da un’idea di Annarita Colucci
con Annarita Colucci, Dario Carbone, Alessandra Celi
diretto da Roberto Andolfi
illustrazioni di Alessandra Celi

L’anima smarrita è un progetto di spettacolo per 3 attori che sfrutta il teatro di figura per una narrazione silenziosa e poetica. Ispirato ad un racconto di Olga Tokarczuk, vincitrice nel 2018 del premio Nobel per la letteratura. Lo spettacolo narra una storia surreale in cui un uomo perde la sua anima occupato a rincorrere
impegni e affanni del vivere quotidiano. L’anima, come un bambino o un cane abbandonato sul ciglio di un’autostrada, non vede più il suo padrone e, smarrita, vaga alla ricerca del suo contenitore.
“Senza anima non viveva neanche male-a volte, però, aveva l’impressione che intorno a lui fosse
diventato tuto piatto….”
Dopo che Jan si accorge che, in realtà, non può vivere senza la sua anima accanto, la aspetterà in
una casa comprata per ospitare l’attesa e dove coltiverà un giardino per accoglierla al suo ritorno.
Per l’anima di Jan, però, non sarà facile ritrovare il suo compagno; si era persa in un momento
preciso nella vita del protagonista e ha ancora tanta vita in cui cercare prima di arrivare nel giardino
che Jan sta preparando per lei. Due storie scorrono quindi una accanto all’altra: quella dell’uomo
che aspetta e quella dell’anima che ripercorre la vita di Jan, alla ricerca di Jan.
L’anima ha le sembianze di una bambina, quasi dell’infanzia ne condividesse il senso della
meraviglia, la curiosità, l’autenticità.
Le due narrazioni che corrono parallele quasi per l’intera lunghezza del racconto convergono
nell’incontro finale tra il protagonista e a sua anima/bambina.
Attraverso la metafora della perdita dell’anima, come se fosse una compagna che ci cammina
accanto durante la vita, il racconto supera l’arduo portato filosofico che il tema porta con sé per
renderlo concreto. L’anima è quella bambina che ci fa fermare davanti ad una foglia che cade o ad
un fiore che sboccia, al fumo che esce dal the caldo o al sorriso di un amico; se lei non ci fosse a
fermarci, correremmo verso l’abisso e verso la solitudine.

Lo spettacolo scorre come un album dei ricordi, sotto una luce che è come se ingiallisse le pagine di
un vecchio quaderno a quadretti, una luce morbida che si posa sulle cose come polvere in un tempo
tutto interiore, in cui oggetti e persone sembrano fluttuare persi nelle loro solitudini; come una
sfilata di fotografie in bianco e nero che vogliono trasportare lo spettatore in un passato che ha
l’odore acre ma familiare delle cose dimenticate in soffitta. Quest’atmosfera si stravolge quando
avviene il ricongiungimento che rende possibile la splendida fioritura delle piante di cui Jan, il
protagonista, è andato nei mesi circondandosi; una fioritura talmente rigogliosa da varcare la soglia
di casa, irradiandosi nella scena.
Il racconto salta di continuo da una dimensione spaziale ad un’altra, da una scena in esterno ad una
in interno, compiendo simultaneamente anche un viaggio nella memoria del personaggio, come se
tale viaggio costituisse una sorta di tappa obbligata per la (ri)scoperta di sé.

L’incontro con questo racconto è avvenuto attraverso un albo illustrato e un’illustratrice con la quale
abbiamo deciso di intraprendere un percorso di ricerca che potesse unire il teatro di figura all’arte
pittorica e figurativa.
Lo spettacolo mescola quindi la presenza concreta del personaggio di Jan (un pupazzo in
termoplastica in fase di progettazione) a quella, effimera, dell’illustrazione live attraverso la tecnica
della proiezione attraverso la lavagna luminosa.
L’illustratrice Alessandra Celi creerà e dissolverà dal vivo ambientazioni e personaggi di questo
Album in tre dimensioni.
Lo spettacolo utilizza un linguaggio multidisciplinare basato sulla manipolazione in cui gli attori e i
personaggi a cui danno vita interagiscono con le suggestioni visive di Alessandra Celi, create in
tempo reale tramite l’utilizzo di una lavagna luminosa.
Oltre alla tecnica del disegno su vetro, dalla lavagna luminosa scorrono paesaggi e oggetti con una
tecnica di figurini che ricordano le antiche tecniche del teatro d’ombre orientale (Karagoz), come se
la scena fosse un grande Kamishibai disegnato dal vivo e in movimento.
Il testo è assente; il racconto procede silenzioso e senza parole tranne che per delle didascalie che
ricordano i cartelli del cinema muto che appaiono come cartelli sullo sfondo (proiettati dalla
lavagna) o scritti in tempo reale.
In scena lo spettatore vede l’illusione della lavagna ma anche la sua realizzazione; l’illustratrice è
visibile e immersa tra gli spettatori.
In scena due attori, una panchina e una pianta daranno vita a Jan.